La recente sentenza n. 7491/2025 della Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, torna a pronunciarsi su una questione giuridica tutt’altro che secondaria nella pratica condominiale: la legittimità della delibera assembleare adottata in assenza del condomino che si trovi in giudizio contro il condominio stesso, e la possibilità, per costui, di impugnarla per omessa convocazione.
Il punto nodale della controversia riguarda la corretta interpretazione dell’art. 66 disp. att. c.c., norma che impone l’obbligo di convocare tutti i partecipanti alla compagine condominiale, e il bilanciamento tra il principio di partecipazione alla vita assembleare e la tutela della genuinità della deliberazione quando uno dei soggetti ha un interesse diretto, attuale e contrario a quello dell’ente collettivo.
Il caso: la convocazione del “condomino avversario”
Nel caso sottoposto all’esame della Corte, una condomina aveva promosso impugnazione avverso una delibera assembleare con cui il condominio aveva conferito mandato a un avvocato per resistere nel giudizio d’appello proprio contro di lei. A fondamento dell’impugnativa, la condomina deduceva di non essere stata convocata all’assemblea, circostanza che, a suo dire, determinava la nullità della delibera.
Il Tribunale di Palermo respingeva parzialmente la domanda, ritenendo che – nella misura in cui la deliberazione riguardava la costituzione in giudizio – la condomina fosse priva di diritto a partecipare, in quanto portatrice di un interesse antitetico. La Corte d’Appello riformava la sentenza, ritenendo viceversa sussistente un obbligo di convocazione anche in tale caso, richiamando l’art. 2373 c.c. in tema di conflitto di interessi.
Il principio di diritto: estraneità sostanziale e assenza di legittimazione
La Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza d’appello, accogliendo integralmente il ricorso del condominio. In coerenza con l’orientamento espresso in Cass. ord. n. 3192/2023, la Corte afferma che il condomino che abbia instaurato un giudizio contro il condominio non possa essere convocato all’assemblea chiamata a deliberare sulla condotta processuale relativa a tale causa.
Si tratta, secondo la Corte, di una posizione non riconducibile al semplice “conflitto di interessi” previsto dall’art. 2373 c.c. – che consente comunque al socio di partecipare all’assemblea – bensì di una vera e propria estraneità sostanziale alla determinazione collegiale, che impedisce al condomino di esercitare il diritto alla partecipazione e, conseguentemente, all’impugnazione.
Assemblea “bipolare” e principio di terzietà
La sentenza ribadisce un passaggio chiave: in ipotesi di contenzioso tra condominio e singolo partecipante, si verifica una scissione interna tra due poli contrapposti. Da un lato i condomini che deliberano in assemblea, dall’altro il soggetto che, pur formalmente parte della collettività, riveste – rispetto a quella specifica deliberazione – la posizione di controparte.
Questo assetto, che può ricordare il meccanismo del condominio parziale (Cass. civ., sez. II, 15 aprile 2010, n. 9173), comporta che la determinazione dell’assemblea non può essere “inquinata” dalla presenza processuale del soggetto avverso. Il principio di terzietà – che informa l’azione dell’assemblea – impone dunque l’esclusione del condomino in lite.
Il diritto alla convocazione: non è autonomo, ma funzionale al voto
Altro profilo chiarito dalla Corte è la natura non “autonoma” del diritto alla convocazione: non esiste, al di fuori di ipotesi eccezionali (come quella dell’art. 10, co. 2, l. 392/1978), un diritto del condomino ad essere convocato solo per assistere alla discussione assembleare. Il diritto di intervento è funzionale all’espressione del voto e, quando quest’ultima è preclusa, viene meno anche il primo.
In questa direzione si era già espressa Cass. civ., sez. II, 1 febbraio 2023, n. 3192, la quale ha chiarito che la convocazione non ha una funzione “informativa” o “consultiva”, ma è strettamente legata all’effettiva partecipazione alla volontà collegiale.
Il precedente sul riparto delle spese di lite
Ulteriore conferma dell’impostazione si ricava dalla giurisprudenza in tema di spese processuali. Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2018, n. 1629, ha ritenuto nulla per impossibilità dell’oggetto la delibera che pone a carico del condomino in lite le spese legali sostenute contro di lui. Stesso principio si rinviene in Cass. n. 13885/2014 e Cass. n. 801/1970: l’interesse protetto è solo quello collettivo, e nessuna delibera può vincolare chi rappresenta l’interesse opposto.
Conclusione: il giusto equilibrio tra partecipazione e tutela
La sentenza n. 7491/2025 si pone a presidio dell’equilibrio tra diritto alla partecipazione e protezione dell’integrità della deliberazione. Il condomino che si contrappone giudizialmente al condominio non può assumere un ruolo attivo nella decisione che riguarda la gestione di quella stessa controversia.
Per gli amministratori ed i legali si tratta di un principio di assoluta rilevanza pratica: in caso di controversie interne, la mancata convocazione della parte in lite non solo non vizia la delibera, ma è dovuta quale espressione della necessaria tutela dell’interesse collettivo contro l’ingerenza del soggetto che vi si oppone.

